“Nell’autunno dell’anno 1765 feci un viaggetto a Genova col mio curatore e fu la mia prima uscita dal paese.
La vista del mare mi rapì veramente l’anima e non mi poteva mai saziare di contemplarlo.”
Vittorio Alfieri – Vita
Lo sguardo che si posa sulla città è quello di un ragazzo, Vittorio Alfieri ha appena sedici anni quando visita Genova e mostra il suo entusiasmo per il panorama e per le bellezze della città, ci tornerà ancora in seguito e l’impressione non sarà altrettanto positiva.
Adesso, nel fervore della sua giovinezza, trova tutto incantevole, lo ammalia la posizione magnifica e pittoresca, si rammarica di non aver dedicato dei versi alla città Superba che vide appena fanciullo.
L’inquieto Alfieri è persino ingenuo, quando racconta ai suoi compagni dell’Accademia del suo stupefacente viaggio finisce quasi per fare la figura del provinciale.
I compagni di studi sono inglesi, tedeschi o russi, loro hanno veduto terre ben più lontane e quel viaggio a Genova, scrive Alfieri, finì per sembrare “una babbuinata”.
Allora, come scrive egli stesso, gli venne una gran voglia di viaggiare e di vedere il mondo e negli anni riuscirà a soddisfare il suo desiderio.
L’avventuroso poeta e scrittore, croce e delizia di molti studenti, seguì la sua vocazione militare ed entrò a far parte dell’Esercito come Portainsegna nel Reggimento Provinciale d’Asti.
Ed eccolo ritornare a Genova, sono passati circa due anni dalla sua prima visita e qui Vittorio si annoia a morte.
Cosa fa tutto il giorno?
Sta al balcone, se ne va a zonzo per Genova oppure va a passeggiare pel lido in barchetta.
E si sente solitario, selvatico e malinconico, questi sono gli aggettivi che egli usa per se stesso nella sua autobiografia.
Conosce qui a Genova soltanto il suo banchiere e costui da vero uomo di mondo lo introduce nella buona società.
Alfieri frequenta insieme a lui i salotti dell’aristocrazia, viene persino invitato al più importante evento cittadino: il banchetto per l’incoronazione del Doge.
Il prestante Vittorio trova anche una fanciulla che fa battere il suo cuore e scrive pure che lei lo ricambia, peccato che il nostro Alfieri abbia omesso di tramandarci il nome di lei, a me sarebbe tanto piaciuto saperlo!
E tuttavia l’attrazione e il sentimento non sono sufficienti a farlo rimanere a Genova, Vittorio scalpita e vuole partire, vuole andare per il mondo e lontano dall’Italia.
Ebbe modo, poi di tornare ancora, per brevi soste, in anni successivi.
Non lasciò racconti dettagliati come altri celebri viaggiatori che descrivono le vie e le piazze, i luoghi amati e percorsi.
Di quei suoi giorni a Genova scrive ampiamente Amedeo Pescio nel suo Settecento genovese, il sagace scrittore e giornalista narra che non c’era una reale motivazione a noi nota per giustificare il disprezzo di Alfieri nei confronti dei liguri e della Superba.
Eppure il nostro Vittorio doveva avere qualche conto in sospeso con Genova visto che in alcuni suoi sonetti rivolge ai miei concittadini parole non proprio lusinghiere.
Nelle sue satire, infatti, Alfieri parla dell’infido Ligure e di questo luogo visto e rivisto, doveva averne proprio le tasche piene!
E ancora, in un altro passaggio delle Satire si dichiara sollevato di potersene andare da questo posto che si distingue solo per alcune caratteristiche:
… il banco e il cambio, e sordidezza opima
E vigliacca ferocia e amaro gergo…
Non si può certo dire che amasse spassionatamente i liguri e i genovesi, ma ce ne faremo una ragione, non è nemmeno l’unico ad essere stato poco garbato verso di noi, Dante e Montesquieu furono altrettanto prodighi di gentilezze.
Mi spiace solo che Vittorio Alfieri non non ci abbia lasciato versi scritti al tempo dei suoi sedici anni, quando il mare di Genova lo ammaliò: avrebbe lasciato a noi il ricordo di quei giorni.
Allora guardava l’orizzonte blu e non si poteva mai saziare di contemplarlo.
Viva Petrarca!
Abbasso Dante!
😀 😀 😀
Ecco, tanto per esse chiari!
Viva la spensierata genuinità dei sedici anni che rende capaci di entusiasmi che sovente negli anni successivi hanno bisogno di stimoli sempre maggiori. Felice chi riesce a mantenere quello sguardo. Buona giornata! 😀
Veramente Viv, hai ragione! Un bacione cara, grazie.
se solo avesse trovato una Miss Fletcher a guidarlo per Zena, avrebbe dedicato sonetti entusiasti alla Superba..
Impresa complicata eh, se pensi che era stato invitato al banchetto del Doge, dici che un giro nei caruggi con una striscia di focaccia lo avrebbe apprezzato di più?
con te come guida, anche senza focaccia…
Troppo buono Sergio, grazie!
Bellissimo questo sguardo e passeggiata storici. Mah sì teniamoci lo sguardo fresco dei sedicenni e teniamo comunque da conto che si possono avere opinioni diverse 😉
Sì, magari avrà avuto qualche contrasto con dei genovesi, chissà!
sono passati proprio tutti per Genova
Sì, la lista dei viaggiatori è lunga!
…con quella faccia un po’così
Quell’espressione un po’ così
Che abbiamo noi quando guardiamo Genova
…un altro astigiano é di parere diverso…
Una citazione perfetta, grazie Eliana!
I tuoi bellissimi post storici!
Un abbraccio cara Miss Fletcher
Susanna
Grazie amicaa mia, un bacione!
E chi si sazia di contemplarlo? Cosa ci sarà, un po’ più in là?
Veramente, il mare è uno degli incanti veri del creato.
Quando uno ha 16 o 17 anni lo sguardo è rapito oppure spaventato….
Ho letto un tuo pezzo, non so dove, ma era tuo, in cui trascrivi L’Amour fou tra Alfieri e la Pitt. Quell’autobiografia è veramente un capolavoro.
Benvenuta Silvia, grazie delle belle parole! Sì, è sempre un post del blog quello dedicato ad Alfieri e a Penelope Pitt, che storia!
E la tua riscrittura di quell’episodio è impeccabile e traboccante dello stesso pathos. Una perfetta simbiosi
Grazie davvero!
Chissà perché nessuno ne ha mai realizzato un film da questo bestseller. La sceneggiatura si può scrivere 🖋 facilmente Buona giornata