Una meraviglia nascosta, una ricchezza a molti sconosciuta e meritevole di essere riscoperta.
E’ la Grotta Grimaldi Sauli che si trova all’interno del “Circolo Sportivo Tennis Club 1893” nella zona di Via San Vincenzo.
E là c’è questa splendida grotta cinquecentesca, per raggiungerla occorre attraversare i bagni del Tennis Club, stupore si aggiunge a stupore, concedetemelo.
Una visita eccezionale, in quanto non è così semplice accedere a questo splendore genovese.
La visita si è svolta su iniziativa dell’Associazione Culturale Luoghi d’Arte rappresentata dal Vicepresidente Mario Beccaria che ha accompagnato un folto gruppo di visitatori e che ringrazio per avermi consentito di partecipare.
E insieme a lui c’era Roberto Bianchi, il responsabile della Sezione Didattica di Palazzo del Principe, colui che mi ha fatto scoprire gli splendori della Grotta Doria.
Ed è stato Roberto a invitarmi, a lui va il mio ringraziamento per aver pensato a me e anche per aver narrato in maniera affascinante ed esaustiva la storia delle grotte genovesi.
E bisogna andare alla metà del ‘500.
Tutto cominciò con la grotta che molti di voi hanno visitato insieme a me, la Grotta Doria progettata da Galeazzo Alessi.
E in seguito altre nobili famiglie fecero la medesima scelta, altre grotte andarono ad arricchire altri sontuosi giardini.
La Grotta Grimaldi Sauli è una di queste.
Un contesto che possiamo solo immaginare, una cultura di villa e giardino assai distante dalla nostra.
E qui i Grimaldi avevano i loro possedimenti sui quali vennero edificate due ville: una di esse, progettata dall‘Alessi, è ancora esistente.
E nel verde dei giardini sorse anche la grotta.
In alcuni punti è finemente decorata, sebbene lo scorrere del tempo abbia lasciato i suoi segni.
Certo, necessiterebbe di restauri e di un decisivo recupero.
Ma quando sei in posti come questo guardi.
Guardi e sogni.
E lo sguardo si alza ad osservare la volta circolare, un tempo lassù c’era un lanternino che illuminava questo luogo magico.
E sono scene di caccia movimentate, uno dei passatempi di altre epoche.
La nicchia è vuota.
Immagina.
Immagina i decori, le figure, le statue.
Immagina lo splendore e ciò che noi non siamo più capaci di fare.
Una pianta ottagonale, le tracce dell’antica bellezza ancora ci sono.
Alla base della nicchia un mascherone, al di sopra altri elementi decorativi.
E nell’atrio all’ingresso, sui due lati, la grotta ha i suoi guardiani.
E come nel caso della Grotta Doria si tratta di mosaici polimaterici, piccoli pezzi minuti che compongono una figura.
Sono creature dell’acqua, creature del mito.
Sono tritoni, ognuno di essi con la mano tiene aperta la bocca di un delfino.
E Roberto Bianchi, da profondo conoscitore di questi manufatti, ha sottolineato una somiglianza con una fontana che si trova a Palazzo del Principe.
Una statua, tritone che con una mano tiene aperta la bocca di un delfino.
Che gli artisti che hanno effigiato questa grotta si siano ispirati proprio a questa fontana?
Una ricchezza di dettagli che lascia stupefatti, un lavoro minuzioso e particolare.
E no, non siamo più capaci di produrre tanta bellezza.
E ancora, alla base di uno dei due tritoni c’è un mascherone meglio conservato degli altri.
E poi nella parte alta delle nicchie queste grandi conchiglie.
E nel decoro ancora altre conchiglie, vere e reali.
Lo stemma nobiliare.
E sono pietre azzurre, coralli e cristalli.
Un lavoro raffinato, minuzioso e preciso.
C’è uno sguardo per perdersi nella volta e nell’insieme delle figure e dei mosaici.
E devi anche immaginare.
E poi pensi.
Una grotta cinquecentesca, una ricchezza cittadina da difendere e tutelare.
E c’è uno sguardo che si perde ad ammirare ciò che noi non siamo più capaci di creare.
E c’è un altro sguardo che segue l’opera degli artisti, le piccole pietre, i cristalli.
Uno accanto all’altro, un lavoro paziente e prezioso.
E ciottoli di fiume e linee.
E ancora piccoli pezzi levigati, a decine.
E altri più chiari che coprono in parte il fondo di una delle vasche.
Azzurro, nero, rosso, bianco e verde smeraldo.
La magia del mosaico.
C’è uno sguardo che indugia ad ammirare i dettagli.
Un’opera d’arte raffinata e di immenso valore artistico.
Nascosta e forse sconosciuta a molti, anche ai genovesi stessi.
Cristalli e sfumature.
E una magia che resiste allo scorrere dei secoli e alle tracce del tempo.
Penso alla mano che ha posato qui questi tasselli luminescenti.
E sono ancora qui, possiamo ancora vederli.
E c’è ancora uno sguardo.
Velato di tristezza e di dispiacere, malgrado la gioia di essere qui.
Splendori di Genova celati, nascosti.
La nostra memoria del passato è fragile mentre invece meriterebbe grande attenzione.
E poi ancora guardo in alto, nella volta così lontana.
E’ arduo cogliere i particolari, sono cacciatori e selvaggina.
E si nota un imponente cervo con grandi corna.
Una ricchezza che lascia stupefatti e ammirati.
E prima di lasciare la Grotta Grimaldi Sauli, uno sguardo va ai piccoli putti con i tralci d’uva.
E ancora uno sguardo va alla meraviglia appena veduta.
E un pensiero, forse romantico, va a quei guardiani, ai tritoni che presidiano la grotta.
Voglio credere che l’abbiano difesa e protetta fino ai nostri giorni sebbene il tempo sia un nemico implacabile e insidioso.
La porta si richiude sulla Grotta Grimaldi Sauli, sui mosaici e sulle pietre velate di polvere.
La porta si richiude ma la grandezza del passato resiste, sebbene il tempo sia un nemico davvero implacabile e insidioso.