Vi porto là, in Vico del Duca, un caruggio che si trova proprio di fronte a Palazzo Tursi, da Via Garibaldi si arriva giù, alla Maddalena.
Qui, in Vico del Duca, il sole e l’ombra giocano volentieri.
Metto indietro la mia macchina del tempo e balziamo così in un altro anno.
Come sempre sfoglio la mia Guida Pagano del 1926 e con la fantasia mi pare di vedere un mondo di indaffarati bottegai.
Il signor Ignazio vende carbone, ci sono ben cinque osterie in questo caruggio, ci sono anche un fabbro, una stiratrice, un ottonaio, un calzolaio e una fornitissima merceria.
In Vico del Duca, nel 1926.
Il cielo lucente è sempre uguale, rimane un incanto di questa città e non puoi dire di conoscere Genova se non hai mai guardato il suo cielo in questa maniera, tra gli archetti.
Tra i colori della città vecchia, caldi e solari.
E andiamo ancora più indietro nel tempo.
Là, tra le case alte di Vico del Duca, pendono gioiosi i panni stesi.
E ancora adesso capita di vederli, sospesi lassù nell’azzurro.
Osserviamo meglio, con più attenzione.
Finestre aperte, persiane, vita.
E sopra il lampione a muro, si notano protese in fuori le bianche mampae delle quali ho già avuto modo di parlarvi in questo post.
Le mampae venivano poste davanti alle finestre: su un telaio si fissava una tela bianca che serviva a riflettere la luce in questi vicoli spesso bui.
Fiori, corde da stendere e foglie verdi.
Adesso come allora, forse.
Rosso sgargiante, questa è la magia dei panni stesi.
In una strada di Genova un tempo abitata da persone a noi sconosciute.
Un uomo porta un sacco sulla spalla, un altro se ne sta appoggiato al muro, Vico del Duca è tutto un via vai di massaie.
E ancora, sulla destra, si nota una delle mampae.
Passo spesso di qui, mi incantano i colori, le storie che non potrò mai conoscere, le vite passate di tutti coloro che hanno attraversato questo vicolo.
Era diverso e a volte mi sembra quasi di averlo veduto.
Il cielo, invece, è sempre uguale.
Eternamente brillante, sovrasta i cuori e le vicende umane.